L'itinerario parte dalla loc. Pratorotondo (Cogoleto) presso il Punto Informativo del Parco (apertura stagionale) a fianco del Rifugio (1.108 m).
Sosta n. 1 - Incrocio con l’Alta Via dei Monti Liguri (1.085 m)
Da qui si può osservare il ripido ed aspro versante tirrenico, contraddistinto da vegetazione arbustiva e prativa e punteggiato da affioramenti rocciosi di colore grigio-verde, tendenzialmente molto fratturati (serpentiniti e serpentinoscisti).
Le tormentate forme del versante testimoniano non solo l’incessante azione erosiva e di modellamento prodotto dalle acque di ruscellamento superficiale che scendono rapidamente verso il mare (percorrendo in alcuni punti, oltre 1000 m di dislivello nello spazio di 5-6 km), ma anche la naturale evoluzione geomorfologica dei pendii, caratterizzata da frane che hanno coinvolto sia i terreni di copertura, sia alcune pareti rocciose. Il percorso dell’Alta Via dei Monti Liguri continua lungo un piacevole e poco faticoso falsopiano, regalando all’escursionista spettacolari scorci panoramici sulla fascia costiera sottostante.
Osservando le cime più altee rocciose del massiccio del Beigua potremo notare una particolarità di questo territorio; esse infatti non si trovano lungo lo spartiacque principale, lungo il quale stiamo camminando, ma se ne distaccano verso sud (Monte Sciguelo, Monte Rama, Monte Argentea). Dopo aver oltrepassato il riparo Casa Miniera si giunge a Pian del Fretto.
Sosta n. 2 - Pian del Fretto (1.091 m)
Qui il sentiero coincide esattamente con lo spartiacque ligure-padano che dista, in linea d’aria, circa 5-6 km dal mare, la distanza minima che si registra in Liguria. Da questo punto di osservazione è possibile scorgere l’acclive scarpata che scende verso la zona di Pian Canei e più a sud verso Lerca. Volgendo lo sguardo verso nord est si osserva il vasto “campo di pietra” (blockfield) notandone l’estensione, la forma e la pendenza (quasi orizzontale) che lo caratterizzano.
Il sentiero, attraversando la zona centrale di Pian del Fretto (seguendo il segnavia +giallo lungo la recinzione) passa sul fronte del campo di pietre, punto dal quale si possono notare sia le dimensioni dei grossi massi spigolosi che lo costituiscono sia la loro posizione reciproca. Oggi risulta difficile immaginare da dove provengano i grossi massi di tale accumulo e come essi possano essersi mossi lungo una valle con una pendenza così modesta (10° al massimo). Avvicinandosi si può osservare che la maggior parte di essi ha forma tabulare, con spigoli poco arrotondati, dimensioni metriche ed assenza di materiale fine. Attualmente depositi analoghi a questi si formano alle alte latitudini, in zone molto fredde dove il terreno in profondità è permanentemente congelato (permafrost). Un ambiente unico e molto particolare che i geomorfologi chiamano ambiente periglaciale. In tali condizioni la formazione dei blocchi che costituiscono tali accumuli avviene per gelifrazione dei rilievi. Successivamente il processo di accumulo avviene per geliflussione. L’importanza sia dei blockfield sia dei blockstream (fiumi di pietra come quello della Torbiera del Laione alla sosta n. 4) risiede nel fatto che questi rappresentano la testimonianza di un paesaggio modellato da un clima più freddo dell’attuale.
Il sentiero scende verso Piampaludo alla destra di un altro campo di pietre. È possibile osservare come alcuni tratti del percorso siano lastricati con serpentinoscisti, a testimonianza di passate frequentazioni ed utilizzo di questi boschi. Il sentiero diventa quindi più ripido sino a raggiungere il bivio del Lago della Biscia.
Sosta n. 3 - Lago della Biscia (978 m)
Una breve deviazione di circa 5 minuti conduce alla scoperta di un’interessante zona palustre dove si possono incontrare piccoli ed interessanti insetti acquatici, come ad esempio ditischi e libellule. Ritornati sul sentiero principale si segue un segnavia con tre bolli gialli, che porta verso la Casa del Che. Da qui il percorso prosegue scendendo nel bosco, per poi diventare una strada segnata dal passaggio di trattori che, risalendo verso la Cima Strina, giunge alla strada asfaltata Piampaludo-Pratorotondo, circa 300 metri a nord della Torbiera del Laione. Giunti sulla strada asfaltata, la si percorre in leggera salita, in direzione sud, sino al pannello che indica la Torbiera del Laione.
Sosta n. 4 - Torbiera del Laione (991 m)
Si tratta della zona umida più importante del Parco, classificata come Zona A (Riserva Integrale), la cui fruizione può avvenire solo per scopi scientifici e didattici (non oltrepassare la recinzione di protezione in legno). Le torbiere sono infatti importanti ambienti umidi. Al Laione, in particolare, vivono numerose specie di anfibi (come il tritone alpestre, il tritone crestato e la salamandra pezzata) e di rettili (come la natrice dal collare). La Torbiera del Laione presenta inoltre un alto valore geomorfologico, in quanto l’area è caratterizzata dalla presenza di uno dei più spettacolari e sviluppati blockstream di tutto il Parco. Risalito sulla strada asfaltata, il sentiero, contraddistinto da tre bolli gialli, riprende gradualmente quota proseguendo sempre verso sud. Poco dopo il ponte sul Rio Nido, il percorso svolta a destra ed entra in una folta faggeta, per poi giungere ad una tipica casa rurale del Sassellese, dominata da un monumentale esemplare di faggio. I boschi di faggio sono frequenti nei versanti settentrionali del Parco del Beigua e si spingono sino al limite delle praterie di crinale, costituendone un elemento fortemente caratterizzante di questo ambiente. Il bosco di faggio in primavera ospita nel sottobosco le fioriture di specie come il Campanellino, la Scilla a due foglie, alcune Orchidee, il Dente di cane, tutte piante protette. Giunti in quota, dopo aver attraversato alcuni piccoli rii temporanei, il bosco lascia spazio alle praterie ed il sentiero raggiunge il crinale.
Sosta n. 5 - Incrocio Alta Via dei Monti Liguri-Strada del Beigua (1.085 m)
Le zone di crinale, osservabili intorno a questo punto di sosta, sono occupate da estese praterie, in buona parte secondarie, cioè originatesi per mano dell’uomo in seguito alle attività di taglio del legname e pascolo degli animali. Su tali praterie si trovano alcune piante caratteristiche delle zone montane, come la Viola bertolonii, la Scorzonera umilis, l’Antennaria dioica, il Plantago holosteu. I forti venti che spazzano questi rilievi ed il clima instabile tendono inoltre a favorire il mantenimento della vegetazione erbacea ed arbustiva a discapito di quella arborea. Con le basse temperature invernali, l’umidità atmosferica, che condensa sulle superfici di piante, rocce e qualsiasi altro oggetto, si trasforma direttamente in ghiaccio, generando il fenomeno estremamente suggestivo della galaverna.
Giunti sulla strada asfaltata Monte Beigua - Pratorotondo si incontra di nuovo l’Alta Via dei Monti Liguri, si svolta a destra e seguendo il segnavia AV, coincidente qui con i tre bolli gialli, si ritorna a Pratorotonda in circa 15 minuti in discesa.