Le condizioni favorevoli del territorio e del clima della zona del Beigua hanno favorito l'instaurarsi di insediamenti umani sin dalla preistoria.
La frequentazione dell'area inizia dal Paleolitico, seppure sporadicamente e per alcuni comuni quali Sassello e Stella, ma è a partire dal Neolitico che, in relazione allo sfruttamento delle cosiddetta "pietra verde" (ofioliti), il territorio diviene sede di un popolamento che ha lasciato numerose e importanti documentazioni archeologiche.
Tra il VI e il II millennio a.C. eclogiti, glaucofaniti, giadeititi e serpentiniti hanno costituito il litotipo preferito per confezionare asce destinate al disboscamento della foresta da parte delle prime comunità di agricoltori. Come noto, queste rocce hanno costituito una risorsa molto rara, presente, in Liguria, appunto nell'area del massiccio del Beigua e in pochissime altre aree dell'arco alpino occidentale. Il loro sfruttamento ha dato origine ad un sistema organizzato, controllato e tecnologicamente avanzato che ha superato per mare e per terra imponenti distanze, con inevitabili connotazioni economiche e sociali che hanno coinvolto la nostra regione, quale area di origine della pietra verde, nella più antica rete di scambi che l'abbia interessata.
Molte località, in particolare nell'areale del Sassello, hanno restituito asce, accette e abbozzi in pietra verde, conservati e studiati al Museo di Archeologia Ligure di Genova Pegli.
Il Museo Perrando a Sassello, documenta invece il lavoro di survey di questi ultimi decenni ed ha permesso di attestare una frequentazione preistorica dal Paleolitico all'Età del Bronzo, con significativi reperti quali un'ascia in bronzo attribuibile alla Media Età del Bronzo. Importante inoltre è il riparo di Rocca Due Teste, una delle rare documentazioni di un insediamento preistorico ligure in un ambiente di roccia non calcarea.
La frequentazione del riparo comincia all'inizio del Neolitico Medio e si attesta con un uso prolungato nel IV millennio a.C. con la cosiddetta Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, forse in relazione con la risalita dalla costa di popolazioni dedite alla caccia, lungo le valli ricoperte da foreste d'altro fusto, habitat ideale per la selvaggina. Il riparo venne ancora utilizzato dalla fine del Neolitico fino alla fine dell'Età del Bronzo, anche se in maniera sempre più ridotta.
La ricca documentazione archeologica del riparo, costituita soprattutto da ceramiche ed utensili in pietra, è esposta al Museo dell'Alpicella, tappa di rilevante importanza per la comprensione dei fenomeni storico-archeologici del territorio, opportunamente inseriti nel contesto geologico-naturalistico. Nello stesso percorso museale è anche affrontato il fenomeno delle incisioni rupestri soprattutto intagli, copelle, croci, disegni, scritte, canalette antiche e recenti che nel territorio dell'Alpicella e delle Faie sono limitate a qualche roccia, mentre sul versante nord del Beigua, che offriva aree più favorevoli all'insediamento agricolo e pastorale, sono più frequenti.
Difficili le interpretazioni dei segni, anche se, recentemente, gli intagli fusiformi sono spiegati come tracce lasciate sulla roccia dall'affilamento delle asce in pietra verde.